[FILOSOFIA] CONTRO LA ‘DENAZIFICAZIONE’ DI NIETZSCHE 

La filosofia di Nietzsche si contrappone frontalmente al marxismo ed al materialismo storico-dialettico. Nonostante questo nella filosofia occidentale non sono mancati autori, tendenze e correnti di pensiero di sinistra che si ispirano all’opera del filosofo tedesco. Un’analisi attenta del suo pensiero ci svela tuttavia i suoi caratteri fortemente reazionari. Non ci sarebbe neanche troppo bisogno di scendere in profondità se ci si attenesse strettamente a quello che ha scritto: in quasi tutte le sue opere il suo antisocialismo viene esplicitato. Tuttavia visto il carattere soggettivistico di tale filosofia, essa si è sempre prestata a varie interpretazioni per via anche della voluta oscurità  con cui Nietzsche spesso espone il suo pensiero. ]

L’ELITARISMO EUGENETICO 

Già ad un primo sguardo si comprende che la filosofia di Nietzsche è fortemente elitaria. Per lui gli uomini non sono tutti uguali: ci sono uomini mediocri e uomini superiori. Questi ultimi hanno il diritto di primeggiare sui primi. La negazione di questa differenza biologica e sociale è per il filosofo tedesco un sintomo della decadenza dei tempi. Una tradizione, quella dell’ “ugualitarismo” che sarebbe iniziata i con al cristianesimo, religione del risentimento e portatrice di una morale per gli schiavi, al quale lui contrappone una morale dei vincitori, ossia una morale fortemente aristocratica. Nietzsche si scaglia in primis contro il cristianesimo, colpevole secondo lui di “aver preso per partito per tutto ciò che è malato, debole, malriuscito e sofferente” e di aver “invertito la legge della selezione” (Ecce Homo, perché sono un destino, AF. 8).  

Da queste parole trasuda tutto il carattere reazionario della sua filosofia, al  di là delle varie interpretazioni che ne danno vari filosofi contemporanei. Questa sorta di darwinismo sociale è progenitore di quel Nazismo dal quale i nostri esegeti contemporanei cercano in tutti i modi di distanziare Nietzsche. Sebbene non si possa parlare di un’influenza diretta, è innegabile che certe parole abbiano avuto una certa influenza sul pensiero di estrema destra. “Invertire la legge di selezione” suona come una di quelle frasi che non fanno di certo presagire buone intenzioni. Come si dovrebbe interpretare questa frase secondo gli esegeti del pensiero postmoderno? Come sostiene Domenico Losurdo, questi apologeti “tentano il più possibile di tenere al riparo Nietzsche da ogni contaminazione, attribuendogli un’incapacità o un’assai limitata capacità di d’intendere e di volere sul piano storico e politico” (Il Ribelle Aristocratico, pag. 651)

Prendiamo per esempio il Crepuscolo degli idoli: “Ecco provvisoriamente un primo esempio. In ogni tempo si è voluto «migliorare» gli uomini: è stato questo, innanzi tutto, che si è chiamato morale. Ma sotto questa stessa parola «morale» si nascondono le tendenze più differenti. L’addomesticamento della bestia umana, proprio altrettanto quanto l’allevamento di una determinata specie di uomini, è un «miglioramento»: questi termini zoologici esprimono soltanto delle realtà, — ma sono queste delle realtà delle quali il miglioratore-tipo, il prete, non sa assolutamente niente, — di cui non vuol saper niente… Chiamare «miglioramento» l’addomesticamento di un animale, è per le nostre orecchie quasi uno scherzo.” (CI, I “miglioratori” dell’umanità, af. 2).  

Il carattere ultrareazionario del pensiero di Nietzsche, che lo rende di fatto un pseudo-filosofo, si evidenzia in brani come il seguente in cui il misticismo ed il mito procedono in piena sintonia. Come non pensare, leggendo frasi come le seguenti, alle elucubrazioni fasciste di Julius Evola?   

Alla “morale dell’ugualitarismo” Nietzsche contrappone la necessità di una “morale dell’addomesticamento”. Tale morale afferma si può ritrovare in varie forme, tra cui quella che si propone una coesistenza pacifica delle razze nel quadro di un progresso generale dell’umanità.  A tale visioni Nietzsche contrappone una morale rappresentata, per lui, dalla “legge di Manu”.  La  figura dello Ciandala rappresenta lo schiavo, l’inferiore, l’uomo della massa. La purificazione della razza ariana ne prevede la sottomissione terroristica, la discriminazione, il genocidio. 

“L’esempio più grandioso è dato dalla morale indiana, dalla «legge di Manu» la quale riceve la sanzione di una religione. Qui si pone il problema di non elevare meno di quattro razze alla volta… Si respira più liberamente allorchè si passa dall’atmosfera cristiana, atmosfera da ospedale e da prigione, in quel mondo più sano, più alto e più largo. Come è povero il Nuovo Testamento di fianco a Manu, e che cattivo odore! — Ma questa organizzazione, essa pure, aveva bisogno di essere terribile, questa volta non nella lotta con la bestia, ma con..l’uomo che non si lascia allevare, l’uomo del miscuglio incoerente, lo Ciandala..era la lotta con il «più gran numero»”. Forse non c’è niente che sia così contrario al nostro sentimento, quanto questa misura di sicurezza della morale indiana. Per esempio il terzo editto (Avadana-Sastra I), quello dei «legumi impuri», ordina che la sola nutrizione permessa ai Ciandala sia l’aglio e la cipolla, attesochè la santa scrittura proibisce di dar loro del grano e dei frutti che contengono dei grani, e che essa li priva di acqua e di fuoco. Lo stesso editto dichiara che l’acqua di cui essi hanno bisogno non può essere presa nè dai fiumi nè dalle sorgenti, nè dagli stagni, ma solamente ai bordi dei pantani e delle buche lasciate nel suolo dalle impronte dei piedi degli animali. È pure loro interdetto di lavare la propria biancheria, e di lavarsi essi stessi, perchè l’acqua che è loro concessa per grazia, non può servire che ad estinguere la loro sete. Infine esisteva ancora una proibizione alle donne Sudra, di assistere le donne Ciandala nei dolori del parto, e, per queste ultime, di assistersi mutualmente… Il risultato di una simile polizia sanitaria non doveva mancare di manifestarsi: epidemie mortali, malattie sessuali spaventevoli, e, come resultato, daccapo la «legge del coltello», ordinante la circoncisione per i fanciulli maschi, e l’ablazione delle piccole labbra per i bambini femmine. — Manu stesso diceva: «I Ciandala sono il frutto dell’adulterio, dell’incesto e del delitto (è questa la necessaria conseguenza dell’idea di allevamento). Essi non devono avere per vestito che gli stracci tolti ai cadaveri, per vasellame dei cocci, per ornamento delle vecchie terraglie, e i cattivi spiriti per oggetti del loro culto; essi devono poi errare da un luogo all’altro, senza riposo. È proibito loro di scrivere da sinistra a destra e di servirsi della mano destra per scrivere, l’uso della mano destra e della scrittura da sinistra a destra essendo riservate alla gente virtuosa, alla gente di razza» … (CI, IMDU, Af, 3).  

“Queste prescrizioni sono assai istruttive: noi vediamo in esse l’umanità ariana assolutamente pura, assolutamente primitiva, — noi vediamo che l’idea di «puro sangue» è il contrario di un’idea inoffensiva…Il cristianesimo… è la religione antiariana per eccellenza: il cristianesimo, la trasmutazione di tutti i valori ariani, la vittoria delle valutazioni Ciandala, l’evangelo dei poveri e degli umili proclamato, l’insurrezione generale di tutti gli oppressi, dei mancati, dei diseredati, la loro insurrezione contro la «razza», — l’immortale vendetta dei Ciandala diventa religione dell’amore…” (CI, IMDU, Af, 4). 

Ovviamente anche il “cristianesimo” viene rappresentato da Nietzsche informa mitica, in questo caso appunto si tratta di un mito negativo. Il contenuto ideologico di questa rappresentazione mitica non è ovviamente rivolto ad una qualche raffigurazione ed interpretazione della genesi e della natura del cristianismo. Il “cristianesimo” per Nietszche non è molto più di un pretesto per colpire l’illuminismo, il socialismo utopista e le varie tendenze del socialismo e del comunismo. 

Tutte queste citazioni lasciano poco spazio alla possibilità di libere interpretazioni.  Per esempio Vattimo si arrampica sui vetri nel tentativo di salvare e riproporre Nietzsche e parla della necessità dell’“autodisciplina” (Vattimo, 1983 pag. 182) cercando di confonderla con la categoria dell’”addomesticamento”.  Qui i nostri ermeneuti ignorano il fatto che, come sottolinea Losurdo, basta leggere direttamente Nietszche per capire che il termine “allevamento” è inteso in senso zoologico ed insopprimibilmente elitario. Basti notare come Nietszche citi più volte Francis Galton, noto per le sue posizioni eugenetiche. 

LA SCHIAVITÙ E LA LOTTA CONTRO IL SOCIALISMO 

Come evidenzia Lukacs nella distruzione della ragione, Nietzsche era favorevole alla schiavitù. Egli, in linea con un certo anticapitalismo romantico dell’epoca, contrappone all’epoca del capitalismo e del liberalismo borghese (cosidetta “democrazia delle masse”)  un’epoca passata come età dell’oro. Tale epoca coincide con il dominio da parte dell’elite dell’aristocrazia greca che aveva capito che lavorare era qualcosa di degradante e ripugnante e che solo l’ozio aveva potuto produrre opere d’arte magnifiche (DDR, pag. 327).  

Nel corso poi della sua esistenza poi Nietzsche cambiò apparentemente posizione sino a quando, nel periodo tra il 1875 e il 1880, effettuò una sorta di svolta. (DDR, pag 332-335) Nietzsche  arrivò addirittura a stigmatizzare lo sfruttamento degli operai Tutto ciò non certo in chiave emancipatoria, bensì come tentativo di restaurare ed attualizzare un ideale comunitario corporativo. Da questo punto di vista Nietzsche è stato non solo un  rappresentante dui un insieme di vecchie putride tendenze mistico-reazionarie, ma anche un rappresentante delle tendenze più reazionarie del “nuovo”, dell’imperialismo, del nazional-socialismo.   Non a caso che questa evoluzione del suo pensiero si sia accompagnata alla lotta aperta contro il socialismo. 

Si scaglia con veemenza contro il socialismo temendo una vittoria degli operai sul piano politico. E’ la dottrina politica delle varie tendenze del socialismo e del comunismo che viene a questo punto individuata da Nietzsche come la forma più sviluppata della manifestazione della morale schiavistica la quale porta inevitabilmente con se la decadenza.  

Dirà nel Crepuscolo degli idoli su La questione operaia: “È la stupidaggine, o piuttosto la degenerescenza dell’istinto che si scopre in fondo a tutte le stupidaggini, la quale fa che vi sia una questione operaia. Vi sono certe cose sulle quali non si pongono delle questioni: primo imperativo dell’istinto. — lo non vedo assolutamente cosa si vuol fare dell’operaio europeo dopo averne fatto una questione. Egli si trova in molto buona posizione per non «questionare» sempre più, e con sempre maggiore strafottenza. In fin de’ conti, egli ha il gran numero dalla sua. Bisogna completamente rinunziare alla speranza di veder svilupparsi una specie d’uomo modesto e frugale, una classe che risponderebbe al tipo del Cinese: e questo sarebbe stato ragionevole, ed avrebbe risposto semplicemente ad una necessità. Che si è fatto?… Si è reso l’operaio atto al servizio militare, gli si è dato il diritto di coalizione, il diritto di voto politico: quale sorpresa se la sua esistenza gli appare fin da ora come una calamità (per parlare la lingua della morale, come una ingiustizia?). — Ma che si vuole? io domando ancora. Se si vuol raggiungere uno scopo, si devono volere anche i mezzi: se si vogliono degli schiavi, è pazzesco accordar loro ciò che ne fa dei padroni.” 

Come nota lo stesso Lukàcs, in queste considerazioni si possono notare due cose. La prima è che Nietsche fa della questione operaia un fatto puramente ideologico senza considerare fattori oggettivi. La seconda è che in questo passo Nietzsche ci offre una sintesi storica di ciò che è costante nel suo pensiero e di ciò che cambia: da un lato rimane la sua teoria della necessità degli schiavi e l’odio verso coloro, in particolare i socialisti, che impediscono lo sviluppo della società in tal senso.  

L’IMBROGLIO DELLA DENAZIFICAZIONE DI NIETSZCHE 

Sono stati tanti i tentatavi di scollegare Nietzsche dalla filosofia nazista: ha ragione Lukàcs ad affermare che Kaufmann denazifica Nietzsche allo stesso modo che i tribunali alleati assolvevano Schlacht e il generale Guderain e che è una sporca operazione politica ed ideologica quella volta a cancellare il richiamo alla rinascita delle barbarie, l’esaltazione del terrore bianco, l’approvazione della morale della crudeltà. (DDR, pg 341-345). La “Volontà di Potenza” è una categoria centrale del sistema nietzschiano che  si pone in perfetta continuità con il divenire dell’intero corpo del suo pensiero nel quale è inscritto che per Nietzsche una società divisa in caste o in classi e il conseguente sfruttamento siano dei fattori del tutto necessari. Così è appunto palese che il suo anticristianesimo, sia un in realtà un attacco al socialismo, inteso come negazione dell’ uguaglianza politica e sociale alla quale lui oppone le virtù di oligarchia aristocratica. 

Alla luce di tutte le considerazioni precedenti possiamo quindi notare come i tentativi di far coesistere Nietzsche e Marx tramite l’uso dell’ermeneutica da parte ad esempio di Vattimo, producano solamente forme di ecclettismo rosso-bruno che lavorano per diffondere il fascio-populismo, il comunitarismo corporativo ed il nazionalismo nelle file di una sinistra e di un’estrema sinistra che di fronte all’alternativa di una scelta per la rivoluzione o di una scelta per la reazione cerca di barcamenarsi a metà strada combattendo di fatto la prima e colludendo con la seconda.   

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